Ecco come potrebbe crollare l'economia mondiale
Condivido qui un articolo di Stefano Demasi.
Non anticipo nulla, lascio a voi il piacere di esplorare il contenuto.
Cit. Steve Eisman (gestore di fondi noto per aver ispirato il personaggio di Mark Baum nel film "La Grande Scommessa" (The Big Short) ) ha detto di recente che :
“il più grande rischio oggi è di natura geopolitica”.
Fonte : Ecco come potrebbe crollare l'economia Statunitense
Data Articolo dell'autore : Nov 05, 2025
#StefanoDemasi
#Economia
#Interdipendenza
- ---
Ecco come potrebbe crollare l'economia mondiale
E gettare il mondo nel caos
Negli ultimi anni, il mercato azionario è stato inarrestabile.
Un rally che sembra non finire mai.
Ma dietro questa corsa ci sono solo sette aziende.
Sette colossi che, a colpi di intelligenza artificiale, stanno letteralmente trainando tutto il mercato.

Sono loro i protagonisti della nuova era dell’AI:
- profitti alle stelle,
- capitalizzazioni fuori scala,
- investitori in delirio.
Un entusiasmo che ha portato miliardi di dollari a riversarsi su di loro, innescando una crescita vertiginosa anche dell’indice di riferimento USA, l’S&P 500 che ora, per oltre il 30% dipende da loro.

Più vedo salire questo numero… più mi sento a disagio.
Perché dietro la superficie scintillante di questo boom, c’è un collo di bottiglia così stretto da poter soffocare l’intero sistema.
Un unico punto di vulnerabilità, l’anello debole che, se si spezza, potrebbe far crollare il castello di carte che regge l’intero mercato mondiale.
Tutto ruota attorno a un nome: Nvidia
Ma facciamo prima un passo indietro e presentiamo i protagonisti di questa storia.
Il primo è senza dubbio Nvidia, che negli ultimi due anni è diventata una leggenda, sorpassando le altre 6 top aziende USA e salendo addirittura alla seconda posizione degli asset più capitalizzati al mondo (seconda solo all’oro).


Le GPU NVIDIA H100, B200, e presto la nuova generazione in arrivo, sono il cuore pulsante dell’intelligenza artificiale.


Senza i suoi chip, i modelli AI semplicemente non esisterebbero.
Oggi Nvidia è un colosso da 4,5 trilioni di dollari, la più grande azienda dell’S&P 500 che da sola pesa oltre il 7% dell’intero indice.

Tutte le altre 6 top aziende, ad esclusione di Apple, si riforniscono per i propri chip proprio da NVIDIA.
Gli investitori la trattano ormai come una religione, dandole una valutazione P/E di 50, cioè, semplificando, servirebbero 50 anni di profitti costanti per ripagare il prezzo che oggi il mercato è disposto a pagare per le sue azioni.
Questo dato ci rivela il sentiment degli investitori e la scommessa sulla sua crescita.
Una scommessa che finora ha pagato.
Ma c’è un dettaglio che molti ignorano e di cui anzi, sono totalmente all’oscuro la maggioranza degli investitori: Nvidia non produce i propri chip.
Il segreto che quasi nessuno conosce
Quando chiedi a qualcuno “Cosa fa NVIDIA?”, ti sentirai rispondere: “Fa chip”.
Sbagliato.
Nvidia progetta chip, non li costruisce.
I suoi ingegneri disegnano l’architettura, la logica, l’efficienza, perfino il software che rende quelle GPU così potenti, qualsiasi cosa dalla A alla Z.
Ma la fabbricazione vera e propria, quella che trasforma un’idea in un pezzo di silicio reale, la fa un’altra azienda.
E quell’azienda si chiama TSMC.
Lo stesso vale per Apple.
Anche lei “fa” i propri chip, giusto?
Ancora una volta, sbagliato.
Anche Apple li progetta solo.
Ma chi costruisce davvero questi chip è, indovina un po’, sempre la stessa azienda: TSMC.
TSMC oggi costruisce la M e A Series per i Mac e IPhone Apple e l’A100, H100, H200 e B200 di NVIDIA.

Dov’è il problema?
Forse scrivendo il nome per esteso di questa società, ti arriverà la risposta.
TSMC sta per Taiwan Semiconductor Manufacturing Company.
Bingo.
Tutti i chip più avanzati del mondo, quelli che alimentano l’AI di Nvidia, i processori degli iPhone, e i data center che reggono Internet, vengono tutti prodotti da un’unica società.
Una sola fabbrica del mondo.
Il rischio nascosto nel nome
TSMC abbiamo detto sta per Taiwan Semiconductor Manufacturing Company.
E già solo questo dovrebbe farti alzare un sopracciglio.
Perché se non vivi sotto una roccia, sai che la Cina considera Taiwan parte del proprio territorio.

E secondo le analisi dell’intelligence americana, Xi Jinping starebbe preparando le forze armate per un’eventuale invasione entro il 2027.
La Cina sta costruendo navi da sbarco, flotte di traghetti militari (più di 70, pronti entro il 2026), e organizzando esercitazioni su larga scala intorno all’isola.
Ora, non sto dicendo che l’invasione sia inevitabile (e francamente spero non avvenga) ma se accadesse, le conseguenze economiche sarebbero devastanti.
Il 90% dei chip più avanzati del mondo viene prodotto a Taiwan, da TSMC.
E la stessa azienda ha ammesso che spostare la produzione fuori dall’isola sarebbe “praticamente impossibile” perché serve Know-How, risorse all’avanguardia e capacità produttiva.

In altre parole se Taiwan cade, cade la catena produttiva dell’AI.
E se cade l’AI, cade gran parte di Wall Street.
“Ok, ma non potrebbero produrre altrove?”
Domanda legittima.
Teoricamente sì, Nvidia o Apple potrebbero portare i loro design a un altro produttore.
Ma nella pratica, no, perché i chip che usano, quelli da 3 e 4 nanometri, possono di fatto essere costruiti solo da due aziende al mondo:
TSMC e Samsung.
E anche qui, la realtà è tutt’altro che semplice.
Samsung ci prova ad eguagliare la qualità di TSMC, ma non riesce.
Ha avuto enormi problemi di rendimento, con percentuali di chip difettosi troppo alte per essere sostenibili e alimentare l’intera industria.
E NVIDIA questo lo sa molto bene, perché durante la pandemia, aveva affidato la produzione dei suoi chip da 8nm alla Samsung.
Risultato?
Un disastro.
Difetti, costi più alti, ritardi.
Inutile dire che siano immediatamente ritornati da TSMC alla prima occasione.
Quindi no, non esiste un vero “piano B” che sia già in grado di produrre su larga scala.
Del resto, non puoi semplicemente chiamare un’altra fabbrica e ordinare chip da 3 nm come se fossero biscotti. La tecnologia necessaria per produrre chip di questo tipo è straordinariamente complessa e costosa.
I chip più complessi del mondo
Capire quanto sia delicato tutto questo è fondamentale per comprendere a pieno questo grande “collo di bottiglia”.
I chip sono costituiti da transistor che regolano gli impulsi elettrici e più sono piccoli, più se ne può far stare dentro un’unica scheda che di conseguenza diventa sempre più potente.
Un po’ come avere un cervello con pochi o tanti neuroni.
I transistor impiegati oggi da Nvidia sono di 3-4 nanometri cioè 26.000 volte più piccoli di un capello umano.
Il capello umano ha in media uno spessore di 80.000 nanometri, mentre questi transistor sono grossi 3-4 nanometri.
Per produrli serve una precisione atomica, e ancora una volta, così come TSMC è l’unica veramente in grado di produrre queste componenti, esiste solo un’azienda sulla Terra in grado di fabbricare le macchine capaci di farlo: ASML, nei Paesi Bassi.
Ognuna di queste macchine costa tra i 300 e i 400 milioni di dollari e ne esistono poche centinaia al mondo.

Anche se ne avessi una tua, non basterebbe comunque.
Ti servono decenni di esperienza, catene di fornitura ultra-specializzate, software proprietari e migliaia di tecnici formati.
Insomma, non ci si può improvvisare TSMC.
“Ma non stanno costruendo fabbriche in America?”
Sì, è vero.
TSMC sta costruendo due grossi impianti in Arizona, grazie al CHIPS Act americano.

Ma anche qui, la realtà è più complicata di quanto sembri.
Le fabbriche dovevano aprire nel 2024 e non sono ancora state aperte.
Ora la data presunta è slittata al 2025… forse 2026 per la prima e il 2028, se tutto va bene, per la seconda.
Ma i chip servono ora.
Costruire un impianto così tecnologicamente avanzato, non è come aprire una fabbrica di automobili.
Parliamo di ambienti più puliti di una sala operatoria in cui anche un singolo micro granello di polvere può distruggere un’intera lastra di silicio del valore di milioni di dollari.
TSMC ha dovuto mandare ingegneri da Taiwan negli Stati Uniti, perché la forza lavoro locale non aveva l’esperienza necessaria. E anche quando queste fabbriche saranno pronte, non potranno comunque produrre immediatamente i chip più avanzati, ma si fermeranno ai 4 nanometri, perché per eguagliare decenni di esperienza, ci vuole tempo.
Nvidia e Apple sono già passate ai 3 nm e presto ai 2 nm.
Tradotto: gli impianti americani sono un buon inizio per diversificare la produzione, ma non risolvono il problema a breve termine.
Una dipendenza che fa paura
Steve Eisman (sì, proprio quello de La Grande Scommessa) ha detto di recente che “il più grande rischio oggi è di natura geopolitica”.
E non potrei essere più d’accordo.
Siamo completamente dipendenti da un’isola di 36.000 km² per alimentare l’economia più innovativa del pianeta.
Se TSMC si ferma, si ferma tutto:
- Nvidia non produce più GPU.
- Apple non produce più chip.
- Microsoft, Meta, Amazon e Tesla vedono i loro modelli AI bloccarsi.
- L’intero settore tech, che oggi vale più di un terzo dell’S&P 500, collassa come un domino in meno di un minuto.
E il paradosso è che tutto questo potrebbe accadere per una singola azienda su un’isola minacciata da una superpotenza nucleare.
E se la Cina invadesse davvero?
Ecco il punto cruciale della storia.
Molti pensano: okay, se la Cina invadesse Taiwan, diventerebbero i proprietari di quella tecnologia, quindi la loro economia crescerebbe. Bisogna puntare su di loro.
Ma la realtà è ancora una volta diversa.
Nessuno sa come andrebbe a finire, ma una cosa è certa:
se la Cina prendesse Taiwan, TSMC non potrebbe continuare a produrre per l’Occidente.
Non solo per questioni politiche, ma perché le sue fabbriche dipendono da forniture globali, software e macchinari che verrebbero immediatamente bloccati.
La realtà dei fatti è che senza il supporto di ASML e quindi dell’occidente, degli strumenti americani e dei materiali giapponesi, le fabbriche sarebbero solo enormi scatole vuote.
Quindi di fatto, se la Cina mettesse le mani su Taiwan, probabilmente non sarebbe in grado di portare avanti alcuna produzione.
Gli Stati Uniti questo lo sanno benissimo, tanto che, secondo varie fonti, avrebbero piani di emergenza per disattivare o distruggere gli impianti piuttosto che lasciarli cadere in mano cinese.

[Inserisco il link a questa notizia riportata dall'articolo di Stefano Demasi - A.C]
E dal punto di vista di Pechino, se anche riuscissero a conquistarla, non è affatto detto che continuerebbero a esportare chip al resto del mondo.
Ricordiamoci che ad oggi la Cina controlla già oltre il 90% della raffinazione delle terre rare e questo non per caso.
Lo fa per potere e leva geopolitica.
Se aggiungessimo TSMC a quella lista, il mondo occidentale diventerebbe improvvisamente molto più fragile.
Un piccolo pezzo di terra. Un’enorme leva globale.
È incredibile pensare che un’intera economia globale, valutata in trilioni di dollari, possa dipendere da un’isola di 23 milioni di persone.
Una sola mossa, politica, militare o economica, e tutto il sistema potrebbe essere totalmente ribaltato.
Eppure, nei mercati, sembra che nessuno voglia pensarci davvero.
Tutti sono euforici, tutti parlano solo di AI, tutti vogliono il “prossimo Nvidia”.
Ma se togli TSMC dal tavolo, l’intera festa finisce.
Non sto dicendo che sia la fine del mondo
E ora voglio puntualizzare che il mio obiettivo con questo articolo non è di fare allarmismo.
Non sto dicendo che domani ci sarà l’invasione di Taiwan, anche perché così come gli USA, anche la Cina sa a cosa si andrebbe incontro.
Però voglio che questo articolo faccia comprendere un aspetto chiaro e spesso sottovalutato:
ogni boom ha il suo punto cieco.
E quello dell’AI è la nostra dipendenza totale da un singolo produttore di chip, situato nel punto geopolitico più delicato del pianeta.
Un rischio che pochi stanno davvero considerando, e che potrebbe, se anche solo parzialmente si materializzasse, cambiare il corso dell’economia mondiale.
Il messaggio finale
Ripeto, non sto dicendo “vendi tutto”, ma sto dicendo: pensa in modo indipendente.
Guarda oltre la superficie, oltre quello che “fanno tutti”.
Non lasciarti ipnotizzare dai grafici in salita, dai titoli sulle “AI stocks” e dai miliardi che sembrano spuntare dal nulla.
Perché non serve una guerra mondiale per far crollare un sistema.
A volte basta un semplice chip.
E oggi, quel chip, nasce in un solo posto.
Taiwan.